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Category: pensieri

Fare male il lavoro anche quando lo fai bene

Io non vado d’accordo coi call center, è abbastanza risaputo.
Quando son fortunati gli butto il telefono in faccia, quando ho tempo li prendo per scemi a forza di fare domande assurde, quando sono sfortunati li insulto come cani. Tanto, voglio dire, chiamano senza permesso, non ti dicono mai nemmeno a domanda diretta dove han preso il numero, mi sembra il minimo…

Ma insomma, una chiamata ogni tanto potrebbe anche essere interessante no?

Stasera squilla all’ora di cena, rispondo ed una signorina inizia a parlare in modo molto lento. Lentissimo, estenuante. E’ di Telecom, che è il mio gestore, e parla di un potenziamento della banda nella mia zona. Alla banda non si dice mai di no, e siccome avevo appena scolato la pasta e la Cate mi aspettava per iniziare le dico “più veloce, per favore”. E lei “come?” “parli più veloce” ma non finisco nemmeno la frase che la tizia fa – testuale – “mall’anima de li mortacciTU TU TU”.

Posso immaginare che ogni giorno abbiano a che fare con centinaia di “me” e che ormai siano abituati agli insulti più disparati, ma se non capisci nemmeno quando ti si da la possibilità di fare quel che devi (spiegare un’offerta commerciale) allora siam messi male…

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Le Poste, un’azienda sana e amichevole

L’altra mattina vado alle Poste per spedire un pacco. Appena entro l’impiegato mi inizia a interrogare (per il mio bene):
“quel pacco ritorna?”
“prego?”
“è un reso o è lei che spedisce?”
“spedisco di mia volontà”
“ok, non ha scritto i nomi sul pacco”
“credevo li appiccicaste col vostro foglio”
“no. le do gli adesivi. Poi, il pacco viene consegnato, eh, ma mettiamo il caso non si riesca lo rivuole indietro vero?”
“oddio si. perché sennò?”
“sennò lo abbandonano”
“in che senso scusi?”
“se non specifica che lo rivuole e non si riesce a consegnare, lo buttano via”
“e allora che ce lo scrivo a fare il mittente? mi sembrava scontato che tornasse. Cmq certo che lo rivoglio!”

Abbiamo iniziato in modo strambo, ma in ogni caso compilo i miei fogli e aspetto il mio turno, che arriva dopo qualche minuto.

“dunque, vediamo, allora…”
“tutto bene?”
“si aspetti.” (va a prendere un librone dei CAP)
“questo indirizzo non me lo prende. glielo ha dato il destinatario?”
“si, e mi aspetto sia giusto”

Apro Google Maps e digito l’indirizzo, si apre un punto esatto. Glielo appiccico al vetro.

“magari è un posto nuovo!”
“Venezia? mah, può essere. Mai sentita in effetti”
“comunque sullo stradario Poste, ufficiale, non c’è”
“quindi questo significa che non esiste. Se non ce l’ha nel suo computer, allora non esiste”
“forzo l’indirizzo a mano, ma sono scettico”

Bella vita così. Il cervellone delle Poste conosce solo una frazione degli indirizzi reali, e se non trovano l’indirizzo (perché non ce l’hanno nel computer) buttano via il pacco. Efficenza allo stato puro, proprio! :-O

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mucche a cui mungere soldi…

Genova credo sia la sola città al mondo dove ci sono parcheggi a strisce blu sulle corsie degli autobus. E se ci pensate è geniale: paghi sempre!
se è orario di parcheggio, paghi per starci. Se non è orario di parcheggio, paghi se ci transiti. Più tutte le sfumature, cioè quando inizia una cosa e finisce l’altra, o se paghi per starci sforando anche in una finestra temporale in cui invece è corsia dei bus.

Le nuove colonnine poi, sono fantastiche…
in piazza della vittoria si pagano le strisce blu anche domenica e festivi. e vabeh. fino alle 21 invece che fino alle 20. e perché?
comunque devo dare 4 euro, e non ho moneta. La colonnina prende anche le banconote, metto 5 euro ma la Ale mi fa notare che non dà resto. Allora premo il tasto rosso CANCELLA… e lei mi stampa il biglietto come se avessi premuto conferma.

Infine, arrivo all’Oktoberfest, dove alla sera l’unica birra che ti vendono è quella da litro. Con tutta la buona volontà, non ce l’avrei fatta, la Cate non beve birra – ancora – mia moglie non molta.
“ce l’avete solo da litro”?
“si”
“ok, tre acque gassate”.

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il marketing, questo sconosciuto

non mi ricordo di essermi mai iscritto a un tuo servizio, l’unico, che dai via email. Mi ricordo di averti scritto personalmente, quello si, e quindi non vedo perché dovrei ricevere la tua email con cui mi informi del tuo prossimo mega-evento. Ma vabeh, siccome diciamo che mi interessa, soprassediamo. L’evento è bello, ci mancherebbe, e quasi quasi la mail la inoltro ai miei amici e organizziamo. D’altronde non è la pubblicità che vuoi?

e allora, perché mi intimorisci con la nota finale

Il presente messaggio, contiene informazioni strettamente riservate ed è destinato esclusivamente al destinatario sopra indicato, il quale è l’unico autorizzato ad usarlo, copiarlo e sotto la propria responsabilità, diffonderlo. Chiunque ricevesse questo messaggio per errore o comunque lo leggesse senza esserne legittimato è avvertito che trattenerlo, copiarlo, divulgarlo, distribuirlo a persone diverse dal destinatario è severamente proibito ed è pregato di rinviarlo immediatamente al mittente distruggendone l’originale.

Io lo ricevo per errore o no? sono legittimato a diffonderlo o no? nel dubbio distruggo tutto, sai?

andiamo avanti: nel corpo del messaggio mi informi che il calendario completo degli eventi è sulla tua pagina facebook. Per fortuna non mi chiedi il like per vederla, ma guarda un po’, il programma è disponibile come applicazione, che mi fa un redirect su un pdf sul tuo sito. pdf veramente orrendo, che si chiama “presentazione” e non programma, fatto di 29 pagine di testo fitto, in cui il programma è comodamente a pagina 18. non facevi prima ad allegarmi un singolo foglio alla mail, o scriverlo direttamente nel corpo? tanto l’obiettivo non era aumentare i like, e nemmeno fare accessi a un pdf, giusto?

Sicuramente il tuo evento sarà un successo, ma credimi, non è di sicuro per merito di come ti muovi online!

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pesche e ananas 6 – la postfazione

Alla fine poi non era nemmeno così difficile immaginarselo, ma la realtà supera sempre la fantasia. Se abbandoni un campo coltivato, entro breve viene invaso dalle erbacce. Puoi anche aver lasciato poche e precise istruzioni, per salvare il salvabile, ma l’incuria si porterà via tutto… tipo un anno e mezzo di lavoro alle ortiche in due mesi, cose così…

Oppure quei semplici gesti che servono a ricordarti il perché l’uomo del Monte ti ascolta, quando parli, e il mezzadro no. Aneddoti da tramandare ai posteri tipo quando il padrone del terreno voleva allargare il campo con una sopraelevazione e t’ha chiesto consiglio, e tu gli hai detto “facciamo un rialzo in cemento, fan tutti così nel mondo, ci metto poco” e lui insisteva che lo voleva in bambù, che il resto dei campi c’aveva il bambù. E sia, te avevi fatto il rialzino in bambù, bello e carino, coi rinforzini, i legacci, lo scarico per le acque piovane… avevi anche fatto alcune modifiche, per renderlo gradito, e dato istruzioni su dove mettere i cartelli e cosa scriverci. Avevi coperto tutto con un telo, aspettando una inaugurazione che tardava, ma sarebbe bastato solo premere un pulsante e il velo sarebbe caduto.

E invece no, il velo resta per sempre, e il terrazzamento è stato fatto – abusivo e nell’angolo opposto – da un cinese, che c’ha messo un cartello cinese, l’ha tirato su in tre giorni, e mostrato al mondo con gioia del padrone dei padroni. E ovviamente è stato fatto in cemento. Alla faccia tua, che non capisci niente!

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L’efficacia delle catene di S. Antonio

Ha presente quelle catene di S. Antonio che vanno per la maggiore su Facebook? quelle tipo “ecco come diminuire il prezzo della benzina“, che dicono che se tutti facciamo benzina alla marca X, le altre saranno costrette ad abbassare il prezzo?

Ecco, non so se hai visto le code pazzesche ai distributori AGIP/ENI lo scorso weekend, quando c’era la promozione, ma siccome il prezzo è sempre lo stesso (sta scendendo lentamente da tempo ma per cause esterne), ecco l’evidenza pratica dell’inutilità degli appelli “GENIALI” e “INCREDIBILI” 🙂

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pesche e ananas – 5: la fine

Esattamente un anno dopo l’ultimo capitolo, eccoci arrivati alla conclusione della saga iniziata qui.

L’ananas, anche se non sembra, è una pianta invasiva e il tuo orticello è uscito dai suoi confini, non è riuscito a stare entro la recinzione: la produzione di ananas era soverchiante, i suoi frutti apprezzati nei mercati esteri, e intanto le pesche sono un po’ seccate. Sei sempre valvassino, tutto è immobile da tempo…
Quindi succede che un giorno passa un altro collaboratore dell’uomo del Monte, uno che ha gli agganci giusti con il RE mondiale degli ananas e ti dice: “dai, basta, vieni con me in Sudamerica.”

E sai cosa succede?

Succede che da lunedì vado a coltivare ananas tutto il giorno, 5 giorni alla settimana, 12 mesi all’anno, forse anche di notte, non mi importa. Un giorno tutti voi mangerete ananas, o avrete bisogno degli effetti benefici del suo succo, e allora capirete perché Tambu a 36 anni suonati (domani, per la precisione 🙂 ) lascia la strada vecchia per la nuova e bla bla bla… 😛

Ci vedremo forse in una piantagione! 🙂

[a proposito: se ti stai domandando che fine ha fatto il mio manuale di coltivazione degli ananas, ti dirò che ho rinunciato nel momento in cui il RE degli ananas ha cambiato il codice genetico del prodotto e riesce a farlo mutare praticamente ogni mese. Mentre scrivevo il manuale il prodotto è cambiato talmente tante volte, che passavo più tempo a riscrivere che a produrre contenuti nuovi. Conosco un solo uomo al mondo che riesce a stare dietro a questo ritmo, ma anche lui fa uscire libri che non sono aggiornati al 100% 🙂 ]

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staccapanni plus

Mentre spiegavo a mia figlia perché non poteva più mettersi la maglietta che cercava, cioè il discorso dello staccapanni, delle persone bisognose e del percorso che fanno i nostri indumenti quando non sono proprio da buttare, mi è venuto in mente che quel ciclo esiste solo in un unico giro: da chi butta a chi riceve. Però non esiste nessuno “staccapanni plus” dove i ricchi e i facoltosi buttano le loro borse di Louis Vuitton pressoché perfette o le scarpe di Prada con un segnetto sulla suola, e dove noi eventualmente le possiamo ricevere…

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Titanic

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Potrei forse esimermi dallo scrivere un post nel giorno del centenario dell’affondamento del Titanic? io, che oltre a un modellino di un metro e venti ho una sezione del mobile del soggiorno dedicata ai libri che nel tempo ho accumulato?

– enciclopedia HACHETTE in 4 volumi
– Titanic la storia illustrata
– Il viaggio inaugurale del Titanic di G.Marckus
– I sopravvissuti del Titanic di A.Gracie
– Il ritrovamento del Titanic di R.Ballard
– Sul ponte del Titanic di J.P.Keller
– La maledizione del Titanic di M.Polidoro
– Corale alla fine del viaggio di E.F.Hansen
– Titanic tutta la verità (allegato di non so quale rivista)
– Settimanale “LIFE” di Giuno 97 con speciale sul Titanic (in inglese)
– Titanic Latitudine 41° nord di W.Lord (fotocopiato)
– fotocopie non definite, e fotocopie degli spaccati dei ponti
– A night to remember di W.Lord (inglese fotocopiato)
– CDROM sul Titanic fattomi giungere dall’Australia

ovviamente no. Però alla fine ci ho pensato e non ho poi così tanto da dire… l’altra sera ho visto una trasmissione di National Geographic, con James Cameron che ha radunato un sacco di esperti per fare luce su alcuni aspetti dell’affondamento che ancora non erano chiari. Alla fine ha fatto uno splendido parallelo tra la storia del Titanic e la storia della crisi mondiale di questi anni. Sebbene la mia passione per la tragedia sia molto più vecchia della crisi, mi sono alzato dal divani e mi sono detto “ma certo, come ho fatto a non pensarci?”. Sul Titanic in questo momento ci siamo noi: l’orchestra suona, ci hanno assicurato che è inaffondabile e stiamo correndo velocissimi contro un iceberg. Proprio come quando guardiamo il suo film, sappiamo già che fine farà, ma non ce ne curiamo. La storia insegna sempre troppo poco…

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Il mio senso di inadeguatezza verso la lingua inglese non conosce limiti: io semplicemente non accetto – alla luce della stima smisurata che ho di me stesso, non lo nego – di non saperlo parlare fluentemente. Tanto che la cosa si manifesta in maniera subconscia anche durante i sogni.
L’altra notte ho sognato di essere a Mountain View, a una convention di Google (qui potete anche ridere 🙂 ), e che qualcuno dovesse uscire dalla sala per un qualche esperimento. Tutti si giravano verso di me, mi alzavo, e me ne uscivo con un “I think I will be going to miss the best part“.

Poi mi sono svegliato, abbastanza sudato, e subito ho corretto sottovoce “I think I’m gonna miss!, deficiente!” 😀

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